lunedì 12 marzo 2012

Intervista a ITALO ARIETI

Uscita su "Il Nuovo Corriere Viterbese"


Nome: ITALO
Cognome: ARIETI
Nato: 10 ottobre 1933 a Tuscania (VT)
Titolo di Studio: Laurea in Medicina conseguita alla Sapienza di Roma. Specializzato in Pediatria.
Stato civile: Coniugato con due figli e quattro nipoti.
Attività: Medico in Ospedale e Pediatra.
Incarichi politici: Assessore al Comune di Viterbo. Presidente dell’Ente Provinciale del Turismo. Presidente dell’Istituto Autonomo Case Popolari. Membro dell’Assemblea del Consorzio per la promozione dell’Università della Tuscia

Intervistare il Dott. Arieti sulla politica viterbese è un bel viaggio nella memoria cittadina oltre che un’occasione più unica che rara: è praticamente l’unico esponente di spicco della Tuscia di quello che fu il Partito Socialdemocratico. È però forse anche un’occasione di evasione, perché alla fine più che di politica verrebbe voglia di parlare di cucina, la grande passione di Arieti che lo vede attivissimo animatore del sito Tusciaintavola oltre che famoso autore di questo settore – conosciuto per il volume “Tuscia a Tavola. Ricette, curiosità, tradizioni gastronomiche della provincia di Viterbo”, giunto addirittura alla settima edizione. Insomma, è probabilmente il massimo esperto sull’argomento, oltre che autore anche di un libro “Erbe della Tuscia nel piatto”, di culto per gli amanti del genere. “È la mia vera passione, i miei libri sono frutto di anni di ricerche e lavoro” afferma quasi alla fine dell’intervista, peraltro all’ora di pranzo di una sabato mattina estivo. Siamo a casa sua: spero di veder uscire dalla cucina un piatto fumante di lombrichi alla vitorchianese ma purtroppo è solo un’immaginazione frutto dell’ingordigia. Andrà bene, un’ora dopo, la caprese di mia moglie.
Ma partiamo dagli inizio.

Come nasce la sua passione per la politica?
“All’Università a Roma. Erano gli anni ’50, quando esistevano quattro gruppi politici, quello dei Comunisti, dei Fascisti e dei Democristiani e quello nostro”.
Voi chi eravate?
“Eravamo un’associazione di laici che si ispirava a PSI, PRI e PLI: erano i nostri partiti di riferimento. Ricordo bene anche la figura di Marco Pannella.
Partecipavate alla vita Universitaria?
“Certo ed anche alle elezioni per la gestione dell’Università stessa. Mi candidai pure io”.
Poi ci fu la scissione socialista.
“Purtroppo. Nenni decise di aderire al Fronte Popolare con i comunisti e questo portò alla divisione del partito ”.
Quale era la sua posizione?
“Io, come gli altri socialdemocratici, non ho mai condiviso l’utopia comunista, questo al di là dei fatti storici, di Stalin, dei gulag, della Cambogia ecc… ”
Quale il suo rapporto con i comunisti e i socialisti?
“Non sono mai stato contro i socialisti, anche quando loro erano con i comunisti. Anzi ho sempre lavorato con passione per l’unità socialista. In quegli anni per noi giovani la politica era una cosa seria. C’era la battaglia per le idee, certo, le ideologie erano forti e radicate ma si lottava sempre con grande rispetto per tutti.
Non è cosi per tutti però?
“No, soprattutto oggi”.
Alla fine dell’Università iniziò a lavorare come medico?
“Si, mi laureai alla Sapienza e dopo rimasi a Viterbo. Dapprima feci l’Ufficiale medico al CAALE come servizio militare e poi entrai in ospedale: quello noto come ospedale vecchio, a fianco del Palazzo dei Papi. Eravamo alla fine degli anni ‘50”.
Che ambiente era?
“Un ambiente che a raccontarlo oggi non ci si crede. Era semplicemente una scuola che serviva per fare il medico condotto, ma consideri che c’erano solo i reparti di Medicina e quello di Chirurgia, si faceva di tutto. Non c’era neanche l’anestesista, anche a quello dovevamo pensare noi. Però feci una grande esperienza sul campo e nell’occasione ebbi modo di conoscere Saragat.
Perché Saragat?
“Perché il figlio ebbe un incidente stradale presso Viterbo e fu ricoverato da noi. Io ero l’unico medico socialista riformista e così lo frequentai e diventammo amici. Fui anche invitato a casa loro. La prima cosa che mi disse il figlio era di non chiedere favori al padre, non l’avrebbe sopportato”.
Che tipo era Saragat?
“Una persona seria, un grande politico che ho sempre stimato molto.
Intanto a Viterbo prosegue l’attività politica.
“Si certo, con grande passione. Ero corrispondente de “La Giustizia”, il giornale della Socialdemocrazia e ho ancora la tessera della mia appartenenza alla Federazione Giovanile socialista ”.
Quali i suoi compagni di partito?
“Di molti non più in vita ne conservo un affettuoso ricordo. Il più importante per me fu Santo Di Gregorio, oggi purtroppo scomparso anche lui, mio carissimo amico e maestro, persona degnissima che mi sostituì nel mio incarico di Assessore Comunale”.
Quando venne eletto in Comune?
“Nel 1964, nominato Assessore alla Sanità: incarico scomodo che molti non volevano perché non c’era nulla da mangiare ma solo da cancellare la gente dall’elenco dei poveri con evidenti ripercussioni elettorali negative”.
Insomma, incarico che non la gratificava?
“Infatti dopo due anni l’ho lasciato per tornare a dedicarmi a tempo pieno al lavoro di medico, la mia missione, la mia professione, oltre al fatto che nelle lunghe sedute consiliari si perdeva molto tempo in chiacchiere inconcludenti ”.
Però poi sono arrivati alcuni incarichi prettamente politici.
“Si, sono stato nominato Presidente dell’Ente Provinciale del Turismo: un’attività che mi ha dato grande soddisfazione, alla quale sono rimasi legato anche per l’intensa attività culturale che ne derivava”.
Cosa vuole ricordare delle cose fatte per la Tuscia?
“Ce ne sono tantissime. Dalla creazione rivista Tuscia che suscitò molto interesse, promossi la nascita del Festival Barocco, del Centro Studio del Teatro medievale e rinascimentale, del Laboratorio di Restauro di Viterbo nel complesso di San Carlo, che passai alla Provincia che aveva ereditato la villa Rosi. Ho organizzato la Prima Mostra dell’Antiquariato nell’ambito della prima settimana Medioevale”.
Come era distribuita “Tuscia”?
“Nata nel 1973 era inviata gratuitamente ai giornalisti e a tutti gli enti del turismo d’Italia. Ma oltre alla rivista iniziai la pubblicazione di una serie di volumi sulla storia, l’archeologia ed il turismo nella nostra provincia”.
Ovvero?
“Per esempio La collana “I documentari” pubblicata in collaborazione con la De Agostini che ha avuto molto successo e si vende ancora oggi. Sono monografie sulla nostra terra di grande qualità praticamente tutte autofinanziate. Consideri che io essendo stato il primo presidente dell’EPT nominato di nomina regionale, trovò le Regioni impreparate a finanziare questi nuovi Enti, prima dipendenti dal Ministero, per cui c’erano appena i soldi per pagare i dipendenti. Consideri che io non ho mai avuto a disposizione né un’auto dell’Ente, né un autista”.
Dopo 6 anni, nel 1979 lei lascia l’EPT.
“Mi fanno fuori. Forse avevo fatto molte cose e alzato troppo la testa e il PRI rivendicò l’assegnazione dell’Ente e fu assecondato”.
Dopo qualche anno però, nel 1985, arriva un altro incarico figlio della politica: la Presidenza dello IACP.
“In realtà sarebbe dovuta andare ad un esponente del PCI ma l’onorevole Gigli fece il mio nome: in pratica fu una nomina che mi cadde addosso in chiave anticomunista a cui andò così la vicepresidenza”.
Che esperienza fu?
“Un’esperienza negativa. Provai a cambiare qualche cosa ma fu tutto inutile: certi sistemi consolidati erano immutabili, come un muro di gomma, per cui mollai tutto dopo due anni e passai nuovamente al lavoro in Ospedale e mi dedicai come passatempo al settore enogastronomico, creando una Delegazione dell’Accademia Italiana della Cucina.
Fu l’ultima esperienza politica significativa?
“In effetti lascio la politica attiva nel 1987, prima di Tangentopoli. In realtà abbandono la militanza ma non l’iscrizione che ho conservato fino alla fine.
Ci fu poi un ritorno di fiamma e lei si candidò anche a Sindaco.
“Tanti anni dopo nel 2001: fu una candidatura per così dire di testimonianza senza nessuna consapevole possibilità di vittoria. Fu con lo SDI dopo che tangentopoli aveva spazzato via molti dirigenti socialisti, anche quelli viterbesi che non avevo molto amato. Vinse facilmente Gabbianelli ma fu soltanto l’ultimo tentativo per dimostrare che i socialisti esistevano ancora ”.
Come giudica Craxi e tangentopoli?
“Craxi politicamente lo stimavo, aveva grandi doti. Certo ci fu corruzione ma non certo per fini personali come si usa oggi, semmai per fini politici, di partito e di potere al suo interno. Come non ricordare quei congressi faraonici certamente molto costosi. Ma oggi è ancora peggio, anche se esiste un generoso finanziamento da parte dello Stato: la politica è sempre più corrotta, viene fatta solo per fini di arricchimento personale e per la gestione delle clientele, fondamentali per la conservazione del potere”.
Domanda di rito, meglio la Prima o la Seconda Repubblica?
“La Prima che identifico però con politici come Nenni, Saragat, Togliatti, Malagodi, Reale, De Nicola, Pertini, De Gasperi: per me sono loro la prima Repubblica, loro che erano veramente gente per bene“.
E la Seconda?
“Preciso che non ho mai votato per Berlusconi: però mi dà fastidio questo continuo accanimento contro di lui, questo volergli entrare nel letto. Resta il fatto che non lo stimo per il suo comportamento inadeguato alla sua posizione, non ha la stoffa di uno statista: è un imprenditore che con gli aiuti ottenuti in passato ha dimostrato di saperci fare come imprenditore. Il mio ideale di statista ha tutt’altra sobrietà: dovrebbe rappresentare la nazione in maniera diversa, lasciando da parte gli interessi personali e il resto .
Ora vota e per chi?
“L’ultimo voto l’ho dato allo SDI ma a volte ho votato per i radicali ”.
Chi è stato per lei il miglior Sindaco di Viterbo?
“Io sono stato assessore con il democristiano Benigni: una persona in gamba e preparatissimo. Smise presto con la politica, quando avrebbe potuto fare ottime cose ancora per Viterbo. Devo dire. però, che anche Gigli per certi versi ci ha saputo fare”.
Cosa farebbe per la Viterbo di oggi?
“Per molte cose è ormai tardi, i treni sono passati, soprattutto quello delle Terme, mentre l’aeroporto è progettato sulle nuvole, per cui ritengo che Viterbo debba proporsi come “capitale della Tuscia” puntando sulle risorse che può ancora offrire tutto il territorio provinciale.
Si spieghi?
“Per l’agricoltura deve mirare alla qualità dei prodotti, oggi merce rarissima, come pure su un turismo stanziale (non quello del mordi e fuggi), che interessi tutto il territorio provinciale, con le varie ricchezze sfruttabili ancora oggi, come il lago, i boschi, i tesori artistici, imitando la nostra grande rivale, la Toscana. Allora non ci riuscii per mancanza di fondi, oggi credo sia altrettanto dura”.
Favorevole alla chiusura del Centro Storico?
“In parte si: per la Viterbo medievale certamente, per la zona di Via Marconi no”.

Italo Arieti: quello che fu uno dei pochi socialdemocratici del viterbese ora è ben più famoso per le sue conoscenze culinarie che per la sua storia politica. Un rimpianto? Personaggi del genere avrebbe potuto dare di più ma il sistema dei partiti li ha stritolati.

MAURIZIO MAKOVEC
makcomunevt@yahoo.it