Uscita su "IL NUOVO CORRIERE VITERBESE" L'8 MAGGIO 2011
Nome : Giuseppe
Cognome: Lazzarini
Nato a Rapolano Terme il 4 settembre 1948
Stato Civile: Coniugato
1 figlio
Titolo di Studio: Laurea in Medicina e Chirurgia
Attività : Odontoiatra.
Intervistare Giuseppe Lazzarini è di certo una bella esperienza perché il personaggio è di spessore. Però ha anche il sapore di un’occasione persa, perché ti dice tante cose ma non tutte, e lo senti sulla tua pelle che potrebbe dire di più ma poi si trattiene. “Insomma, qualche bel sassolino dalla scarpa da togliere?” gli chiedo verso la fine inutilmente. “Sassolino? Macigni c’avrei da togliermi ma è meglio di no altrimenti sai che casini”!
Ma andiamo con ordine. L’Onorevole Giuseppe Lazzarini detto Pino mi riceve un venerdì pomeriggio nel suo studio di Via Vetulonia a Viterbo.
“Sto sopra al forno” mi fa al telefono, “passa verso le 18,30”. Mi dà del tu pur non conoscendomi ma la sua non sembra arroganza, più che altro pacata convivialità. Di lui si parla addirittura su Wikipedia: “Giuseppe Lazzarini è un politico e medico italiano. Dopo la militanza nel gruppo parlamentare di Forza Italia, il 19 dicembre 1994 passa ai Federalisti e Liberaldemocratici di Raffaele Costa, cui aderiscono molti fuoriusciti di Forza Italia e Lega Nord dopo la caduta del governo Berlusconi I. […] Balza sulle cronache di allora per essere stato partecipe di una rissa con il leghista Francesco Formenti e per aver dato luogo ad un'inusuale riverenza nei confronti dell'allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, baciandolo […]”.
Di entrambe gli episodi parla il Corriere della Sera dell’epoca. Il titolo di un articolo del 22 luglio 1994 è: “Montecitorio, pugni tra gli alleati. Prima della bocciatura del decreto Biondi i lumbard si scontrano con gli azzurri: aprono le ostilita' Formenti e Lazzarini; anche Parenti e Sgarbi litigano”.
“Non solo i giornali italiani, finimmo pure sul New York Times”, commenta lui divertito, “fu una cosa che fece grande scalpore visto che eravamo in due partiti della maggioranza. Considera che Formenti era uno tosto a cui prudevano le mani facilmente”.
Partiamo dall’inizio. Lei non aveva mai fatto politica, era un esponente della cosiddetta società civile. Quale fu il percorso che la portò alla candidatura?
“Fui scelto per mancanza di candidati. Andai a quello che si chiamava un “Raduno” a Roma, erano organizzati da Publitalia per la nascente Forza Italia”.
Come andò?
“C’erano più di 1.000 persone. Presi la parola e poi chiesi di candidarmi: era fine febbraio ma il collegio Lazio 2 della XVI Circoscrizione era ancora incredibilmente libero. All’inizio mi dissero che era troppo tardi poi dopo 20 giorni mi arrivò una telefonata con il via libera”.
Vinse la lotteria di un collegio sicuro.
“Sicuro si seppe dopo. All’inizio si navigava a vista e non si sapeva nulla. Io ero totalmente nuovo alla politica. Pensa che il 1° marzo mi dissero che dovevo raccogliere 2500 firme in 48 ore per candidarmi, il tutto senza un partito e senza niente. Ci riuscii in 3 ore grazie al tam tam degli amici, ad un giro di telefonate”.
Il Polo del Buon Governo espresse a Viterbo anche Nicola Parenti alla Camera e Nando Signorelli al Senato.
“Si ma loro venivano dall’MSI, avevano una storia politica ed un partito alle spalle. Per me era tutto più complicato”.
Come fece a farsi conoscere, fu supportato per la campagna elettorale?
“Dietro Forza Italia c’erano la Fininvest e Publitalia: ti davano dei gadegt a pagamento. Considera però che mio padre era stato per anni l’unico ginecologo di Viterbo, aveva lavorato alla Salus ed aveva svolto la professione per 50 anni. Io poi ero già conosciuto perché avevo lo studio in vari paesi della provincia, oltre a Viterbo anche a Tuscania, Montefiascone e altri… E poi c’era la novità, l’antipolitica ecc… tutti fattori determinanti”.
E andò alla grande.
“Presi 52.000 voti contro candidati conosciuti come Lucio Manisco portato da Sandro Curzi e Luisa La Malfa sorella di Giorgio. Fu un grande successo”.
E così entro in Parlamento, una delle tante facce nuove della politica italiana in quella legislatura di rottura.
“Non ti credere. Alla Camera di persone totalmente vergini dalla politica eravamo 3 o 4”.
Berlusconi lo conobbe in campagna elettorale?
“No, l’ho conosciuto dopo in Parlamento e tra l’altro non sono mai stato ad Arcore”.
Ed il partito a Viterbo? Fu un’esperienza complicata?
“Complicata? Non hai idea. Ogni sera c’era una riunione ed ogni sera erano liti, spintoni, parole grosse. Un delirio. E poi non si trovavano le persone. Molte le portai io come Arena, che era un mio amico, mentre Marini aveva fondato un club di Forza Italia e così lo aiutai alle Comunali ed a fare il vicesindaco quando fu eletto Meroi. Ma insomma era un gran casino. Era difficile pure trovare le persone per riempire le liste”.
E pensare che molta gente poi con la politica ha dato un senso alla propria vita e, se me lo consente, ha praticamente “svoltato”.
“Come no! Tanti hanno letteralmente svoltato, hai ragione”.
Come era la vita Parlamentare?
“Per molti versi ha ragione Berlusconi: si chiacchiera molto – e spesso non si sa bene neanche di cosa - e si combina poco. I tempi morti sono da depressione. Poi ci sono i giochi di Palazzo, il partito ti dice di fare una cosa, poi cambia idea, si accorda per altro e tu devi stare lì a fare il peones. Io in realtà ne ho fatte un po’ di tutti i colori – vedi la rissa con Formenti - e spesso ho detto di no”.
Ci si sente privilegiati a fare il Deputato? Anche economicamente vorrei dire…
“Beh, quello si ma economicamente dipende. Dipende dalla tua attività, ci sono quelli che svoltano e vincono la lotteria ma anche quelli che ci rimettono. Per me non fu certo un vantaggio particolare visto che dovetti trascurare la professione. E poi si fa una vita frenetica, con tempi persi incredibili… essendo l’unico referente di Viterbo ero ogni sera in un paese della Tuscia a cercare di coordinare gente che litigava continuamente”.
Qualche politico che l’ha colpita positivamente.
“Inutile dire che Berlusconi ha una marcia in più. E’ un motivatore straordinario, sa sollevarti il morale. Io ero un suo valido aiutante e una volta in un discorso pubblico del partito mi citò come l’unico che lavorava veramente in Forza Italia. Il problema è che concepisce il partito come un’azienda: io l’ho capito dopo 2 anni, Casini dopo 10 e Fini dopo 15”.
E di chi ha ricordo negativo?
“Dini non mi piacque: era il suo Ministro del Tesoro e lo scaricò facendo un voltafaccia. Allora ero lindo e puro e la cosa mi disgustò, ora, a posteriori, non mi sorprende”.
Poi dopo due anni, nel 1996, non fu ricandidato.
“Non ho mai saputo il vero perché. Di certo ebbi delle discussioni con Tajani che era il capo nel Lazio e preferì candidare Gianfranco Saraca. Però in sostanza fu Berlusconi a farmi fuori e ci rimasi malissimo: mi sentii tradito dal capo che tra l’altro poco prima mi aveva anche chiesto di votare la sfiducia a Dini contro la linea del partito”.
Per questo diede vita al MAT?
“Movimento Autonomo per la Tuscia, si. Alle provinciali andò malissimo, prendemmo lo 0,9%. Decisi di smettere”.
Dei suoi amici di Forza Italia qualcuno la segui?
“Nessuno! Nessuno! Hanno fatto la loro strada, hanno deciso di fare politica per mestiere e posso dire che a posteriori hanno fatto bene”.
Si è pentito di aver lasciato la politica?
Per la prima volta Lazzarini si fa scuro e non risponde al volo. Medita, ci pensa… sembra quasi che soffrire a questa domanda.
“La politica è una brutta malattia: la gestione del potere ti dà un’adrenalina incredibile che ti permette di fare una vita oltre le tue forze. Capisco bene che per le persone che non hanno una vita familiare e professionale soddisfacente uscirne può creare danni psicologici gravi, traumi veri”.
Che ne pensa dei Sindaci di Viterbo del centrodestra?
“Tutte brave persone. Anche Meroi che in pratica portai io alla politica anche se lui rimase in An”.
Ora vota ancora?
“Alle amministrative si, per gli amici. Alle politiche se si votasse domani proprio non saprei per chi”.
Che pensa di 17 anni di berlusconismo.
“Su tante cose ha ragione ma è pur vero che ha fatto ben poco per cambiare l’Italia, la sua terribile burocrazia di cui si lamenta sempre. Nel 1994 ha portato una vera rivoluzione nella politica, è stato bravo e fortunato ma ricordiamoci che aveva grandi mezzi: le Tv, la Fininvest, la Mondadori, Publitalia. E poi è molto furbo, si è circondato di gente nuova che l’ha sdoganato ed ha legittimato un cambiamento radicale nella politica”.
Se la sentirebbe oggi di votare leggi ad personam o di votare una mozione in cui si sostiene di credere alla sua versione di Ruby nipote di Mubarak?
“Quello è il problema minore. Essere in Parlamento è come essere in ospedale: sei sempre coperto dall’ambiente. Il problema è quando sei sul territorio, quando ti impongono candidature improponibili, quando ti chiedono cose incredibili e tu ci devi mettere la faccia davanti alla gente”.
Meglio la 1° o la 2° Repubblica.
“Io cercai di portare nel partito gente come Gigli e Badini, persone brave e preparate che avevano un bagaglio pesante e la cosa fu vista male. Ero un pivello della politica e dovevo formare un partito, portare gente capace di avere consenso. Non era facile. In generale credo che la generazione politica della cosiddetta Prima Repubblica fosse più preparata, sapeva meglio come muoversi”.
Cosa andrebbe fatto a Viterbo? Per esempio per il Centro Storico dove lei ha lo studio.
“Io sono proprietario del Paradosso: ci ho investito 20 anni di vita e mi sembra un buon lavoro. Il nostro centro ha grandi potenzialità ma è trascurato. Io ho studiato 30 anni fa a Siena e Perugia: era il periodo in cui fecero le isole pedonali ed i commercianti erano neri. Pensa che c’erano le macchine parcheggiate a Piazza del Campo e Corso Vannucci: rimetterle oggi sarebbe delirante. Noi invece le abbiamo ovunque, un’assurdità! Io chiuderei il centro alle auto e farei le scale mobili da Faul al Palazzo dei Papi: pensa che nel 1994 era la prima cosa che si disse di fare con Meroi, sono passati 17 anni e ancora non ci sono. E poi servono i parcheggi che a Viterbo sono molto carenti”.
Amarezze per la sua storia politica?
“Amarezze no ma è abbastanza incredibile che nessuno da anni mi nomina più. Eppure Forza Italia l’ho fondata io e l’ho mandata avanti da solo per più di un anno quando gli oneri superavano gli onori”.
La palla passa agli ex discepoli ora confluiti nel PDL: perché hanno dimenticato il padre del partito Pino Lazzarini grazie al quale, come è stato detto, molti hanno “svoltato” economicamente e socialmente?
Maurizio Makovec
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